Giornate all’ecovillaggio Ciricea tra le colline Pistoiesi

cedro ciricea

Il lunedì 8 novembre partiamo da Lucca felici di cominciare una nuova esperienza e di conoscere altre persone. Faremo tappa in un’area sosta camper sopra Pistoia per arrivare poi a destinazione per le 14.30.

in viaggio verso ciricea

Arrivate all’area sosta, proviamo per la prima volta a svuotare il PotPotti, ovvero il bagno chimico del camper. Non è un wc con cisterna all’interno del camper, come magari tanti conoscono, ma un wc a sé con cisterna integrata. Non ho foto per mostrare il coraggio e il talento di essere riuscite a non sporcarci minimamente, purtroppo avevamo le mani nella m**** letteralmente 😅

La strada per arrivare all’ecovillaggio di Ciricea è molto carina, ma non per chi guida. Le strade strette e in salita hanno messo a dura prova la sanità mentale di Lulù. Una volta arrivate, siamo state accolte e piano piano abbiamo potuto conoscere i residenti.

Ciricea è una realtà nata nel 2010 in questo ex albergo, che si è evoluta e allargata nel tempo, fino a contare 15 residenti circa. Da un po’ di tempo si è aggiunta un’altra proprietà nella collina di fronte, immersa nella natura e con progetti agricoli che stanno prendendo forma. Nella casa principale, oltre agli umani residenti, ci sono 7 cani, mentre nell’altra casa vivono 7 gatti!

Noi dormiremo in camper, mentre i pasti e la vita comunitaria, ovviamente, li vivremo nella casa principale, sulla quale aia si erge un imponente cedro morente.

Le giornate sono parecchio fredde e si assapora l’inverno. Il vento scuote gli alberi e i nostri animi.

Il primo giorno non inizia bene per me. Alle 4 del mattino mi sveglio con forti crampi alla pancia, e devo correre in bagno (sì, quello che abbiamo appena svuotato). Questo problema mi accompagnerà per tre giorni, scombussolandomi il corpo e la mente.

Nonostante questo, andiamo nella casa di Tarole (quella governata dai 7 gatti) per creare un piano fatto di legna e terra, su cui verrà costruita una serra. Raccogliamo legna di rami caduti nel bosco, per poi portarla a mano dove si sta costruendo la struttura. Poi la disponiamo in modo da creare una pavimentazione, che ricopriamo di sterpaglie e terra. La terra la ricaviamo prendendo a picconate uno strato di sottobosco dove si è creato l’hummus.

Il giorno dopo invece, ci dedichiamo a un lavoro più creativo e di restaurazione: io dipingo la porta del garage del laboratorio, mentre Lulù colora una carriola di giallo con la bomboletta spray. Quest’ultima diventerà un vaso per i fiori.

I pomeriggi li passiamo vicino al fuoco, coccolando i cani, scrivendo e facendo braccialetti in macramé.

È interessante vedere le differenze tra ecovillaggi. Se a Meraki esistevano determinati programmi e compiti, e si cercava di avere una certa organizzazione, a Ciricea si vive un modello di società anarchica. Sono loro stessi a definirsi anarchici. Ogni persona quindi che decide di vivere in un ecovillaggio, vedrà che ognuno di essi è un mondo a sé stante, con caratteristiche differenti e proprio per questo, più o meno compatibili con le proprie inclinazioni ed aspirazioni.

Per svariati motivi, il giovedì io e Lulù decidiamo che è ora di ripartire, e quindi lasciare Ciricea prima del previsto. Per quanto breve, questa esperienza ha aiutato entrambe a vivere una realtà diversa da quelle a cui siamo/eravamo abituate. Vedere e sperimentare stili di vita alternativi è sempre di ispirazione.

Prima di andarcene, assistiamo ad una scena che entrambe abbiamo vissuto con forte intensità. Il grande Cedro morente verrà piano piano tagliato, per lasciare poi solo un pezzo di tronco, che diventerà un totem.

Mentre osservo quell’albero di 200 anni morire per la scarsità d’acqua, secco e grigio in mezzo al verde rigoglioso degli altri alberi, penso che questa mattina mi sento proprio così. Mi ci sono sentita tante volte in questo modo. Triste, grigia, appassita, e con tanta sete di acqua che non arriva. Mi sono vista in quell’albero e ho provato tanta tenerezza e semplice, primitiva tristezza. Un pugno allo stomaco, un peso sullo sterno, un nodo in gola.

La consapevolezza che anche anime così antiche e imponenti se ne vanno, lasciando dietro di loro il dolore di chi soffrirà la loro mancanza, fino a diventare più facile da sopportare. La consapevolezza che ad un certo punto, occorre imparare a mollare la presa e lasciare andare.

Tutti osservano affranti la decapitazione di questo gigante, una volta pieno di vita, che ha fatto da Padre a questo ecovillaggio. Osservo ogni singola delle Anime presenti e realizzo che, ognuna di loro, sta affrontando qualcosa di personale nel medesimo istante in cui lo sto facendo io.

Ho rivisto anche la Quercia, Madre di Meraki, che sorge tra le colline dall’altra parte dell’Appennino, fiera e maestosa.

Chissà la vecchia Anima del Cedro cosa sta provando, e se mai ha avuto modo di parlare con la Quercia.

Per noi intanto, è arrivato il momento di andare.

il cedro morente di ciricea

Abbiamo in mente di fermarci la notte a Porretta Terme. L’idea poi è questa: venerdì io partirò in autostop verso casa, mentre Lucrezia rimarrà nei paraggi per aspettare un amico fatto in viaggio, ed andranno insieme ad Avalon, un villaggio del Popolo degli Elfi (magari vi spiegherò meglio un’altra volta di cosa sto parlando).

La Vita però, è sempre imprevedibile. E anche un vecchio camper dell’84.

Nei prossimi giorni vi racconto cos’è capitato!