Giorno 4 sulla Via Lauretana: Colfiorito – Camerino

Partiamo la mattina presto, ma sarei rimasta volentieri su quel letto morbido avvolta dal caldo sacco a pelo. Fuori c’è una forte umidità e una coltre di nebbia si è posata su tutti i campi attorno a noi. L’atmosfera sembrerebbe quasi sinistra, se non fosse che questa fitta nebbia mi ricorda i paesaggi autunnali di casa mia. Una nebbia che impedisce, come un muro bianco ma etereo, di vedere ciò che sta a pochi passi da te. Ieri Ismaele, arrivato ad un certo punto del cammino, disse “wow, questo paesaggio ricorda casa mia in Trentino!” e rimaniamo meravigliati che oggi, invece, questa vista ricordi la mia, di casa. “Ovunque andiamo troveremo sempre un po’ della nostra casa, per quanto lontani saremo.” dice assorto.

Attorno a noi vi sono canneti e fiori, e i ragni si sono divertiti nel creare le loro case: sui canneti le ragnatele appaiono come fossero girandole, regalando al paesaggio un’atmosfera da film di Tim Burton.

Purtroppo, i dolori ai piedi per me aumentano. Non ho mai avuto vesciche e dolori particolari ai piedi, perciò per me è una sensazione e un dolore del tutto nuovi. I piedi e le gambe sono delle parti del corpo che sento tra le più importanti per me, e questi dolori mi fanno percepire una menomazione, con un senso di frustrazione ed impotenza. Ismaele insiste che è meglio fare autostop, che comunque camminiamo abbastanza. Io sono parecchio impuntata: mi dispiace fare autostop perché avevo atteso molto questo cammino. Volevo camminare, tantissimo. Sentirmi limitata dal corpo, anziché assistita come sempre, è difficile da accettare. Eppure ogni passo è un dolore lancinante, non mi godo quasi nulla. Sento il mio umore peggiorare, aumentato dai sensi di colpa e di sentirmi un peso. Ismaele è un compagno formidabile, che qualsiasi persona vorrebbe al proprio fianco. Mi appoggia e fa di tutto per alleviare questa pesantezza.

Un’auto accosta. Il signore alla guida ci chiede se abbiamo visto due cani, che gli sono scappati. Rispondiamo di no, e prosegue. Arriviamo in un paesino, e con lentezza scendo da una scalinata mentre Ismaele è già in fondo. Sento ad un certo punto leccarmi le mani. Mi giro e vedo due cani scodinzolanti. Incrocio lo sguardo di Ismaele che ha un’espressione sorpresa “Ismaele! I cani!”. In quello stesso momento accosta l’auto di prima, del padrone, che apre la portiera ed entusiasta richiama i cani come se chiamasse i propri figli. I cani si precipitano tra le sue braccia aperte.

Ci mettiamo a fare autostop in un punto, ma dopo poco cambiamo, andando un po’ più avanti. Pochi minuti e accosta un signore marocchino. Deve andare da un amico, ma ci dice che ci porta fino a Camerino, la nostra tappa, allungando parecchio la sua strada. “Qual è il problema? Se posso aiutare io aiuto!”

Da poco c’è stato un violento terremoto in Marocco, ci spiega com’è preoccupato e quanto gli manca. “Mi piace un mondo il mio Paese, abbiamo così tanto, ma per colpa del governo le persone non vedono la sua bellezza. Dovete andarci per capire!” Con gli occhi che brillano, racconta dei bagni di sabbia nel deserto, un’antica tradizione berbera per curare dolori articolari e reumatismi. “Con il freddo umido che c’è qua…fare i bagni di sabbia nel deserto è la miglior cosa!”. Ancora una volta fare autostop ci ha regalato uno scambio bellissimo. È come viaggiare all’interno di un viaggio, un’esperienza quasi a parte.

Arriviamo alle porte di Camerino, un paese che ha subito forti danni dal terremoto del 2016. Da allora, il borgo è ancora per la maggior parte disabitato. Cerchiamo alloggio dalle suore Clarisse. A trovarle ci aiutano dei signori al tipico bar di paese. “Tanto non stiamo facendo nulla, almeno siamo utili con le indicazioni!”

Arrivati al convento ci accoglie Suor Viktoria, di origine ucraina, dagli occhi azzurri penetranti e un volto radioso, la voce gentile e il sorriso delicato. Io ed Ismaele rimaniamo incantati dalla sua presenza. Parla scandendo le parole, e ogni parola che dice è giusta, non una di più, non una di meno. Ci racconta del convento, della sua storia. Fanno marmellate e saponi autoprodotti, e le ore di preghiera vengono chiamate ore di meditazione. Suor Viktoria trasmette una serenità incredibile. Appare come una persona che ha trovato la sua vocazione, ciò che la rende felice nella vita, e che persegue tenacemente, godendosi l’appoggio di una comunità, la vita spirituale e il lavoro manuale. A me, sembra un buddha, un essere umano sereno con un profondo amore. Ci chiede che, quando arriveremo a Loreto, preghiamo per loro. Inoltre, ci invita ai Vespri della sera, dove ogni giorno fanno una preghiera per i pellegrini.

Andiamo a comprare del cibo per il pranzo e la cena, e ci regaliamo una bella pizza surgelata. Il resto del pomeriggio lo passiamo a riposare e chiacchierare, sfiniti.

La sera andiamo ai Vespri. Dopo le preghiere, le suore si avvicinano con un catino e una brocca. “Non vi spaventate, è una nostra tradizione per i pellegrini che passano di qua” ci spiega suor Viktoria. Ci viene regalata una lavanda dei piedi e nel momento in cui mi viene baciato il piede inizio a piangere. Sono commossa dalla cura che ci viene riservata. Pur non essendo osservante del cattolicesimo, questo gesto è pieno di significato e trascende la religione. Si tratta di un gesto d’amore, sentito, fatto da un essere umano ad un altro essere umano.

“Per me è un privilegio fare questo, ogni piede racconta una storia. Che il vostro viaggio (e sono sicura intendesse il viaggio della vita) vi porti dove vorrete” conclude suor Viktoria, con il suo dolce sorriso. Ci regala un foglietto con la preghiera di Suor Camilla Battista per i pellegrini.

La preghiera dice qualcosa come “perché scegliere una strada tortuosa anziché una più semplice, se ne hai la possibilità? Perché metterci 4 giorni per arrivare a Roma, se hai la possibilità di arrivarci in un giorno?”

“Cammina, corri, vola nella via di Dio. I virtuosi camminano, i sapienti corrono, gli innamorati volano. Se puoi correre, non camminare. Se puoi volare, non correre, perché il tempo si è fatto breve”.

In queste frasi ci abbiamo letto un invito: perché ostinarci a camminare nel dolore, se è possibile fare altrimenti? L’importante è il viaggio, non tanto il modo in cui lo si percorre fisicamente, ma piuttosto, spiritualmente.

È impagabile la liberazione provata dopo questa lettura, arrivata proprio in un giorno come questo, in una coincidenza che non è mai una coincidenza.

Camminare è bellissimo, ma non avremo scoperto così tante cose sul Marocco se non avessimo fatto autostop. Non avremo nemmeno fatto in tempo a mangiare una pizza probabilmente, e non ci saremo riposati. Forse, non saremo stati ai Vespri con il giusto spirito. A volte le cose non vanno come vorremmo, perché sono destinate ad andare anche meglio. Opporre resistenza, rende solo più difficile questa rivelazione.