Cos’è lo zugunruhe?

Lo zugunruhe è un termine tedesco che in etologia identifica il comportamento irrequieto negli animali migratori (specialmente gli uccelli) quando viene impedito loro di migrare. In breve, se avete un uccellino in gabbia in salotto, in determinati periodi comincerà ad agitarsi come un ossesso, cosa non piacevole per lui, ovviamente.

Negli esseri umani, questo fenomeno si può presentare in diversi modi. Hai mai sentito l’urgenza di un cambiamento nella tua vita? Cambiare lavoro o stile di vita, cambiare città, progetti, qualsiasi cosa! E più rimani incatenato e ti neghi (o ti viene negato) questo cambiamento, più ti senti irrequieto, frustrato, intrappolato in una situazione.
È un istinto che se viene soppresso, si ripresenterà periodicamente, non scompare.
Non è stato facile per me capire come acquietare questo sentimento, perché non ne ho subito capito la natura.

I primi sentori e la rivelazione

A 10 anni o forse 11 andai in campo-scuola estivo, di quelli come se ne vedono tanti, in montagna, nulla di speciale. Una settimana e basta, tra l’altro. Sono tornata a casa cambiata, me lo sentivo dentro che non mi faceva stare più bene come una volta, quella casetta in mezzo campagna. “Sei cresciuta, maturata” mi spiegavano.
Poi le medie, se avessi potuto frequentarle da casa, mi sarei risparmiata una tortura (che poi però si è rivelata utile come tutte le esperienze negative).

Iniziano le superiori, ah che bello! Novità! Nessuno mi conosce! Nuove persone! Tutto fila liscio, poi a 16 anni faccio la prima esperienza all’estero, tornata a casa in lacrime…mi sarei incatenata all’aereo pur di non tornare a casa! Passa il tempo e c’è qualcosa che stona in questo quadro, ma non capendo lascio stare, mi concentro su altro.

I primi di gennaio del 2016, capisco tutto. Guardo il film “Into the Wild” e non riesco a contenere l’emozione: “mioddio! allora non sono l’unica! c’era qualcun’altro che provava quello che provo io! allora è davvero così! non mi stavo sbagliando!
Racconto la storia con foga a mia madre, piango, mi agito, lo scrivo sul mio diario, una frenesia incontrollabile, non riesco a smettere di pensarci. Intanto nella mia mente si insinua l’idea assurda di volere una vita diversa, più colorata, più imprevedibile, meno schematica. Ne parlo con una prof, “hai paura della monotonia”, dice. “Sì è normale, è un periodo” mi ripeto.

Poi arriva la seconda esperienza all’estero e alla fine, all’inizio dell’ultimo anno, parto per un Erasmus in Portogallo. Tutt’altra cosa rispetto alle esperienze precedenti, altro spirito, altra età, altra compagnia e tanta libertà.
Quando torno, nessuno capisce quello che provo, mi sento diversa, fuori posto, come nuova ma allo stesso tempo come se stessi invecchiando velocemente, non mi concentro in nulla, tutto è superfluo per me oramai, che scopo ha quello che sto facendo? Perché sono qui? Cosa sto imparando di utile? Perché sono circondata da queste persone? Perché non mi stanno a sentire?

Ecco che ritorna quel pensiero e si fa sempre più forte, cresce, mi occupa la mente e non esiste altro. Provo a pensare ad altro ma è tutto offuscato. Vedo tutto in maniera diversa, come se avessi degli occhiali con lenti strane che mi fanno capire che, come sto trascorrendo i miei giorni ora, non sono come li vorrei vivere veramente ma come altri vorrebbero che li vivessi. E allora mi arrabbio, penso, penso tanto. Ne riparlo con la prof e lei dice la stessa cosa e aggiunge che devo vivere come voglio io. Non è facile, mi dico. Non è facile perché sei in quel periodo in cui tutti ti chiedono “che farai finite le scuole? Cosa studierai?”. “Nulla” dico, “non voglio fare l’università, non so che lavoro voglio fare”.

Non posso dire la mia idea, passerei per scema. Ma ecco che si sgretolano tutti i progetti che le persone avevano creato per te: buona università, buon lavoro, ottima carriera ecc. Vedi la delusione nei volti delle persone, che cercano di farti cambiare idea, di fare la scelta che per loro è quella giusta.

Compromessi

Dico allora di volermi prendere del tempo per pensare e fare del volontariato all’estero magari. Sembra che nemmeno questo riesca a rassicurare tutti, c’è ancora chi lo vede tempo buttato, chi invece la vede una cosa nobile, ma di sbrigarmi, perché non ho tutto il tempo, perché poi devo decidere che fare davvero. Capisco che il volontariato all’estero sarebbe un contentino che mi darei, una mezza misura, un compromesso. Sì, sarebbe figo da fare, vorrei farlo, come vorrei fare tante altre cose, ma non ora. Quello può aspettare. Ora devo cercare la mia strada, a modo mio.

Finita la scuola trovo un lavoro e poi un altro. Prof delusi, molto delusi, facendomi sentire come una irresponsabile. Familiari che fanno domande, dove penso di andare a parare, che si impuntano. È davvero necessario tutto ciò? Fa per me? Davvero è ciò che voglio? Sarei felice? NO! Mi si accappona la pelle solo al pensarci, perché dovrei voler vivere questa vita a priori? Chi me lo impone? Chi mi assicura che, come renderebbe felice altre persone, renderebbe felice anche me? Sarebbe come somministrare la stessa medicina a tutti quanti, ma ognuno è diverso! Diamo per scontato che la vita che di norma ci viene propinata sia quella che fa per tutti, quella che l’essere umano deve vivere. Produrre e consumare, riposarsi e consumare, produrre e consumare e via così finché morte non ci separi.

Decisioni

No, io mi rifiuto. Io scendo da questo treno.

“se ti piace viaggiare, trova un buon lavoro, prendi i soldi e fatti una vacanza” quante volte lo si sente dire? Non è la vostra idea di viaggio che ho in mente. Niente hotel, niente docce calde, niente letto comodo, niente vestiti profumati e stirati, niente pasti abbondanti, niente acqua fresca. Non un tetto sopra la testa, non una macchina, non una piscina, non una connessione internet veloce. Non è in queste cose che risiede l’autenticità, l’amore, la scoperta, la solidarietà, la condivisione. Non è in queste cose che risiede il mio interesse.

Non mi sono mai permessa di criticare o cambiare la vita degli altri, non sta a me decidere, non sono nessuno, non ne ho il diritto. Allora non vi permettete di criticare le mie decisioni, poiché non faccio male a nessuno, non è una scelta avventata ma ponderata negli anni, nella mia testa, nei miei diari, con l’amica più intima. Essere preoccupati per le scelte degli alti, è comprensibile, si ha paura, non si condividono le stesse idee. Ma sono solo preoccupazioni. Sono pensieri, pensieri fondati sui preconcetti, sulle emozioni, le proprie convinzioni. E tutti i pensieri li possiamo controllare. Quante volte avevate paura che succedessero le peggio cose, quando poi invece si è tutto risolto per il meglio?

Sto cercando la mia strada. Ci sono molti modi per cercarla. Non esistono modi più o meno convenzionali. Ognuno sceglie il proprio. E non dipende dai genitori, da come si è cresciuti, dalle amicizie, dai libri, dal Papa, dal gatto ecc. Non c’è ragione di capire il perché si prendono delle scelte piuttosto che altre. L’unica domanda che si può fare è “ti rende felice?”

Non ci sarà oratore più bravo che potrà convincermi che sto facendo la scelta sbagliata, poiché parto dal principio che non ne esistono di giuste o sbagliate. Perciò ogni contraddizione, ogni discussione, ogni rimprovero, sarà tutto fiato sprecato.

Non puoi urlare al vento di smettere, non ti ascolterà.
Non puoi consigliare ai pesci di nuotare contro corrente perché può essere fatale. Lo faranno comunque.
Non puoi implorare ad un palloncino gonfiato ad elio di tornare giù. Non può.

Perciò risparmiate il fiato per darmi consigli su come compiere la mia impresa, per dirmi che ho il vostro appoggio, per dirmi che ho il vostro amore sempre e comunque, per dirmi che va bene così.

Voglio poter camminare fin quanto voglio, finché le gambe reggono, sentire fame, aver freddo, caldo, sentirmi persa e ritrovarmi.

Mi inoltro tra la natura, risalgo un torrente e mi emoziono, mi commuovo. Sento energia. […] Dormo in un sacco a pelo in spiaggia, cullata dal suono delle onde, la sabbia in faccia, il cielo stellato e…piango. È così bello e unico. Questa sensazione è bella e unica. Non la so come descrivere, è libertà, è vita, è purezza. La sento come la cosa più naturale al mondo. Come se in quel vento, quella sabbia, quel cielo stellato, quei rumori, ci fosse un richiamo primordiale che mi avvolge e che mi sussurra “torna”.

Dal mio diario

Io non so se è davvero questo ciò che fa per me. Non so se sarò felice. Ma come lo potrò mai sapere se non ci provo? Impedirmi di provare, sarebbe privarmi di poter scegliere. Sarebbe come impedire al proprio figlio di alzarsi e camminare, perché si ha paura che cada. Cadrà e si farà male ma non dipenderà da voi, sono cose che devono accadere. Piangerà ma ci riproverà, perché così vuole lui, così sente che deve fare. E ad ogni passo, ci sarà una nuova rivelazione.

PS: ci sarebbero davvero tantissime altre cose che vorrei dire, ma per ora va bene così, le spiegherò più avanti ?

Buon proseguimento! ?️