Giorno 41: tra le braccia di un amico

Bilbao-Madrid

Stamattina mi sveglio e alle 6.30 facciamo colazione assieme. La sera prima avevo sentito Marta dire che c’erano due coreani che dovevano arrivare, e già mi veniva male al pensiero che fossero i coreani incontrati nel cammino…invece sono una coppia di mezza età, e a quanto pare nessuno di loro ha russato.

Dopo colazione, la signora tedesca mi dice che le piace tanto la collana con la conchiglia e così le racconto la storia e di Francesca.

Ad uno ad uno li saluto tutti mentre vanno via, chi con abbracci, chi con auguri di buona fortuna.

Pete mi saluta nell’unico modo in cui mi immaginavo: con un pugnetto sulla spalla, da vecchi amici.

Infine saluto Marta, con un abbraccio e un augurio di ritrovarsi nel prossimo cammino.

Vado verso il centro e data l’esperienza di ieri nel cercare un passaggio, capisco che devo uscire dalla città, prima.

A piedi è pressoché impossibile: strade trafficate o salite, con la temperatura che si alza. Guardo i mezzi pubblici ma costano un occhio della testa e pure un rene, così guardo passaggi con BlaBlaCar. Decido così di prenotare dei viaggi per Burgos, dove sarà più facile fare autostop, ma nessuno che risponde in tempo, e la mia richiesta scade.

Arrivano le 10 e sono esausta, ore che cerco dei modi per andare via di qui e soprattutto ore sprecate!

Così finisco per fare la cosa di cui vado meno fiera, la cosa chei ero ripromessa di non fare più dopo quella volta in treno: ho prenotato un viaggio con BlaBlaCar direttamente per Madrid, cercando il più conveniente alle 15.30

Mi sono incazzata con me stessa, per aver ceduto ad una comodità che non volevo permettermi più. Mi sono sbattuta tanto per cercare soluzioni alternative e non abbastanza per spingermi oltre, ma cedendo alla stanchezza e alla frustrazione di non avere tutto subito. Perché è questo quello che è successo: quando non si ha tutto subito nel momento in cui lo si richiede, ci si esaurisce, a volte ci si fa prendere dall’impazienza. “Ma sono così vicina! Madrid è proprio lì!” Così mi dicevo da ieri, mentre vagavo come una scema.

Ma ad ogni cosa c’è un perché. Non posso farmi prendere dalla frustrazione e viverla come un fallimento, ma anzi pensare al buono che ci sarà da questa scelta.

Mi viene in mente così del museo di belle Arti che mi aveva suggerito Laura, poiché gratis per i minori di 25 anni.

Così mi dirigo verso il museo e passo queste interminabili ore la dentro, al fresco, e ammirando le opere, cosa che mai mi sarei aspettata di fare questo viaggio low cost.

L’ora si avvicina ed esco. Un caldo asfissiante mi circonda e anche quei 950 metri per il punto d’incontro risultano un calvario.

Finalmente arrivo e puntualissimo, Antonio arriva.

Antonio deve andare a Malaga per visitare la famiglia e lo attendono 7 ore di viaggio!

Verso Madrid

Dopo 3 orette arriviamo a Madrid, e io ero pronta a scattare una foto del pannello “benvenuti a Madrid!” Ma evidentemente non esiste proprio… perciò niente foto tanto sognata!

Ci lasciamo in Plaza de Toros de las Ventas. Aspetto Francho ma dopo 10 minuti ancora niente. Mi preoccupo un po’ ma sono più eccitata che altro.

Primo posto di Madrid in cui poggio i piedi

Poi mi ricordo che Francho è un ritardatario cronico, o meglio, nella sua cultura un’ora di ritardo sono i 5 minuti nostri.

Quasi 15 minuti dopo o più lo vedo alla base della rampa delle scale della metro. Ci corriamo incontro e ci troviamo a metà, abbracciandomi fortissimo, dopo un anno!

Con lui c’è Marines, la batterista del suo gruppo e di un altro di cui sono stra appassionata.

Francho si è preparato: si fa prestare le tessere della metro da amici, da prestare a me in modo che non debba farmene una. Francho e Marines vogliono portarmi lo zaino, così lo porta prima uno e poi l’altra ed insieme andiamo a casa di Francho, che vedo dopo tanto finalmente.

Marines mi mostra tutti i piatti venezuelani che devo provare, e così decidiamo che andiamo nel quartiere di Chueca per un gelato, poiché è la prima cosa che abbiamo mangiato quando lui è venuto in Italia.

Poi andiamo in un ristorante piccino venezuelano e mi fanno provare i tequeños, di cui mi sono innamorata, e la papelón, una bevanda con solo acqua, limone e zucchero di canna: dolcissima da diabete immediato.

Sono pienissima anche se non mangiavo dalle 7 e facciamo una passeggiata in centro. Mi sento lo stomaco sottosopra, e ho bisogno di sedermi.

Madrid non mi da il benvenuto ma l’Italia è sempre al mio fianco

Salutiamo Marines e torniamo nel quartiere di Chueca per incontrare Andrés, migliore amico di Francho, e Esther, sua morosa. Andiamo così nel ristorante messicano La Ciudad e prendiamo una birra con loro.

Sono ragazzi gentilissimi, pur di farsi capire Andrés mi parla in tutte le lingue, dal francese al portoghese, mentre Esther si sforza di spolverare il suo italiano. Andrés per 2 settimane deve andare fuori Madrid per lavoro, e domani mattina decide di portarmi la sua tessera della metro, prima di partire.

È ora di andare a casa. Siamo stanchissimi e Francho domani lavora, sicché potrò visitare con calma.

Ho finalmente raggiunto Madrid. Sembrava lontanissima quando la guardavo dalla mappa, seduta davanti al computer. Ed ora è qui. Ci dormo, ci bevo una birra, abbraccio il mio amico e conosco un altro mondo.

Sono euforica ma non meno o di più degli altri giorni, sia quando ero lontana sia quando ero vicina.

Alla fine, aveva ragione Mosè: l’importante non è la metà, ma il viaggio.

Hasta la vista amigos

Antonio poco dopo mi manda questa foto, per almeno avere una insegna di Madrid. Fortissimo.