Giorni 42-51: fotogrammi

Madrid

Eccomi qua dopo 10 giorni a Madrid!

Riabbracciare Francho, il mio amico, fratello, maestro, è stata una gioia immensa.

All’inizio sarei dovuta rimanere 1 settimana, ma poi ha deciso di rinnovare camera sua e così abbiamo deciso che sarei rimasta qualche giorno in più per aiutarlo.

Francho mi ha fatto incontrare alcuni membri della band nonché cari amici, mi ha fatto conoscere gli amici per lui più essenziali e musicisti sensibili con tante idee da condividere.

Le serate dopo il lavoro le passavamo o con amici o soli nel suo appartamento, dove suonava e cantava il Bolero per me, il genere di musica più sentimentale che esista, che a vedere lui, con il suo stile e portamento, non diresti mai che impazzisca per questo.

Mentre lui lavorava io uscivo per conoscere ogni angolo di Madrid, in compagnia di Daniela, una ragazza venezuelana conosciuta in Italia proprio prima di partire, che si è trasferita qui alla fine di giugno.

Poi io venerdì siamo usciti con tutta la banda di amici, e Francho ha conosciuto su internet una ragazza cinese che ha subito invitato a uscire. Così conosciamo Yuanyuan, una ragazza apertissima di mente e tenerissima, che sta svolgendo il suo master in letteratura e filosofia spagnola qui.

Quella sera, Francho, Marines, Yuanyuan ed io rimaniamo a casa di Francho fino alle 7 del mattino a parlare e farci domande.

Domenica siamo andati a casa di Sergio, il chitarrista nonché compositore della band, insieme a Pablo, il batterista di un’altra band.

Alle 20 comincio ad avere una fame incredibile, ma mi dico che dovrò aspettare ancora un’ora minimo per cenare…arrivano così le 21, ma ancora niente. Arrivano le 22 e mi sembra strano che ancora non si ceni, dato che Sergio ci aveva detto che la madre gli preparava sempre qualcosa anche se lui mangiava fuori. Così quando arrivano le 23, ormai la fame è passata e con lei pure la speranza…ma ecco che alle 23.30 i genitori di Sergio ci chiamano a tavola. Pablo torna a casa e noi iniziamo la cena, dove io non riesco a spiaccicare parola dato che parlano in spagnolo velocissimo e riesco a capirne metà. Così ad una certa il padre mi chiede se non capisco proprio nulla di spagnolo, così gli dico che pur capendo, non so parlarlo, o meglio, per fare una frase (piena di errori) ci impiegherei non due ma tre vite. Così la madre, come tutti ripetono da quando sono qui “ma lo spagnolo non è simile all’italiano?” così cominciano teorie e storie, e quando dico che il dialetto veneto ci assomiglia al catalano, loro cominciano a parlare il poco catalano che sanno, sperando capissi. E così ora posso dire che in vita mia, ho cenato ad orari estremi: a Dublino alle 17, pensando fosse la merenda, ed in Spagna alle 23.30, pensando fosse un miracolo.

Se avessi girato un film di questi giorni, i fotogrammi che si susseguono vi mostrerebbero: io e Francho che ci incontriamo a metà della scala della metro, ci abbracciamo girando su noi stessi come pianeti ma senza separarci, se non le nostre teste che si sollevano per guardarci e ridere, con la gente che passa a fiumi attorno a noi, il camminare tra le luci e le persone illuminate dai neon dei pannelli pubblicitari nelle strade, con mille suoni e rumori e gente che parla e che ride, gelati che si sciolgono, sgocciolando ovunque. Io che provo cose nuove e cibi nuovi, la metro che va e che viene, stradine strette, in salita e in discesa. Il tintinnare dei bicchieri di birra che si alzano in brindisi, il mercato del Rastro, i negozi di seconda mano, io e Daniela che camminiamo sotto il sole cocente, Francho che mi compra un libro in spagnolo e noi due, seduti sull’erba a leggere. Coppie che si tengono per mano e si baciano per strada senza paura.
Musica alta e gente che balla, ragazzi che si buttano sui divanetti del bar, io e Marines che ci guardiamo ridendo alla vista di un ragazzo che fa il cretino ubriaco, che poi scopriamo vivere nello stesso palazzo di Francho.
Rimanere alzati fino alle 7 del mattino per parlare. Osservare il sole morire e risorgere dalla stessa finestra, nello stesso giorno, il vento impetuoso e il caldo asfissiante.
Francho che non riesce a dormire e con il volto illuminato dalla sigaretta, che non è mai una sola, ma una dietro l’altra, e mi parla di sé. Troppi pensieri, ha visto e vissuto troppo, troppo giovane. Pensa per sè ormai da un quarto della sua vita, ma è solo un ragazzo, e anche se non lo da a vedere, anche lui vorrebbe solo avere una mamma che gli prepara la cena alla sera, quando torna a casa esausto. Saltare i tornelli perché è troppo tardi e non ho soldi per il biglietto, io che accarezzo i cani per strada perché sono giusto un po’ brilla, i gatti della Gatoteca, i musei visitati a metà, l’ascensore troppo lento quando sei di fretta, troppo veloce quando ti gira la testa.
Le colazioni del sabato alle 16, i pranzi alle 23 e le cene alle 2 del mattino.
Daniela e Yuanyuan che mi tagliano i capelli, troppo corti, ma che importa, tanto sono capelli. Sergio che mi mostra come fare musica, le prove della band, Francho che mi canta e suona il Bolero, che legge le sue poesie, come fossero un atto di teatro, perché è un attore mancato. Il centro malfamato di notte, la fame e la pancia piena, sole e pioggia. Dani e Nastya che cercano le patatine mangiate da noi di nascosto, che non abbiamo fatto in tempo a rimpiazzare. I vicini francesi che invitano persone a casa loro per ogni cosa, colazione, brunch, pranzo, merenda, cena, per una doccia, per le pulizie di casa. I cani della vicina che si intrufolano in casa. Io che svegli Francho per andare al lavoro. La pizza surgelata e la pizza quella buona. Italiani che mi chiedono direzioni, il rumore del quartiere, la quiete della notte, che non è mai quiete, perché c’è sempre qualcuno sveglio. Dani che vive di notte e torna a casa alle 8 del mattino, il cane Gracia che sgambetta qua e là. Le risate senza motivo, che dopotutto sono quelle più belle.
Francho che mi parla di musica, di politica, di psicologia, di filosofia, di tutto. Perché è così giovane ma così saggio. I suoi amici, veri amici. Francho seduto sul balcone della finestra da cui sogna di volare. L’ultimo abbraccio e la promessa di rivedersi. “Ciao hermano” “ciao sorella”.

I know you’re reading this Francho, even if you don’t understand it. Ti voglio bene, I’m gonna send you the translation <3